Nei territori dell’Astrattismo, nell’immediato secondo dopoguerra, nasce un gruppo artistico che si propone di sviluppare un percorso creativo di stampo astrattista, assolutamente indisponibile a slittamenti e derive di stampo non solo realistico ma anche psicologico e simbolistico.
Occorre chiedersi in via preliminare se quello di ‘Forma’ sia stato un ‘gruppo’ o, piuttosto, un ‘movimento’. Di fatto, storiograficamente, è conosciuto come un ‘gruppo’, ma le peculiarità che presenta sono quelle, piuttosto, di un ‘movimento’, dal momento che gli artisti che formano questa compagine, che nasce subito a valle della conclusione del secondo conflitto mondiale, sembrano essere personalità unite da un progetto e da un sentire condiviso e non da un semplice bisogno di raggruppamento finalizzato al reciproco sostegno.
A certificare la configurazione unitaria di ‘Forma’, che continueremo, per adesione alla tradizione storica, a definirlo ‘gruppo’, giunge il suo ‘manifesto’, che provvede ad individuare nella forma il mezzo ed il fine, ciò che si esemplifica nella affermazione dell’interesse per la forma dell’oggetto più che per l’oggetto in sé.
A dar vita a questa compagine artistica concorrono gli artisti Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo, Giulio Turcato, dei quali una metà circa è di origine siciliana e quasi tutta l’altra romana.
Di fatto, al di là di un richiamo alla preminenza del dato formale – che evidentemente sottolinea l’interesse per una proposta creativa che non si lasci deviare da prospettive di scarrocciamento sentimentale, provvedendo invece ad attribuire un significato preciso ad una determinazione costruttiva dell’opera d’arte articolata secondo un ragionevole disegno progettuale – il ‘Manifesto’ di ‘Forma’ non suggerisce una indicazione di Weltanschauung che sia capace di andare oltre un generico richiamo alla utilità ed alla bellezza armoniosa, non mettendo in discussione, ad esempio, la finalità decorativa dell’opera d’arte.
L’analisi del ‘Manifesto’, che sintetizza gli aspetti di identità complessiva del ‘gruppo’, non sembrerebbe consegnarci, insomma, un progetto di lungo respiro, andando a suggerire, pertanto, una immagine depotenziata di quelli che sono, invece, i reali valori in campo di cui questi artisti sanno farsi portatori. Come dire: l’opera va al di là del progetto teoretico e la realizzazione empirica del prodotto creativo squaderna dei risultati fattuali ben più avanzati delle linee di indirizzo che dovrebbero orientarli.
Occorre, poi, non dimenticare che l’Italia esce da un periodo di autarchia culturale, ove le esperienze di avanguardia non avevano avuto grande successo ed ove l’indirizzo più avanzato era stato, in fondo, quello futurista, se si escludono alcuni specifici orientamenti produttivi adottati da singole personalità che hanno agito individualmente (Raffaele Castello, Attilio Alfieri e pochi altri) o da piccoli gruppi come quello degli astrattisti in Lombardia e come quelli dei Circumvisionisti e dell’Unione Distruttivisti Attivisti a Napoli.
Per il resto, la realtà artistica italiana era data dalla prevalenza dei modi del movimento di ‘Novecento’, da una consistenza tardoveristico-naturalistico-postimpressionista e da una debole opposizione alla retorica di regime sarfattiana che veniva coraggiosamente manifestata dalla ‘Scuola di via Cavour’, dai ‘Chiaristi’ lombardi, dai ‘Sei di Torino’, dai ‘Quattro di Palermo’.
In fondo, anche quando comincerà a farsi largo una diversa coscienza politica nel mondo dell’arte, con il richiamo ad una istanza di democrazia, come avverrà, ad esempio, con i movimenti di ‘Corrente’ e del ‘Fronte Nuovo delle Arti’, ci si troverà ancora al cospetto di una istanza creativa di stampo nettamente figurativo che tenterà di fornire una testimonianza non più debitrice delle linee di indirizzo ottocentesche, ed attenta, invece, a proporre una riconsiderazione critica in chiave blandamente ‘espressionistica’ delle logiche ‘novecentiste’, alla quale sembrava aprire la via non soltanto la cultura pittorica di Mario Sironi, ma anche la rimeditazione del portato cubista che vivacemente s’affaccia, ad esempio, con l’opera di un artista come Emilio Notte.
Ecco, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, è questo il quadro contestuale generale ed in tale scenario si apre l’impegno di questi artisti di ‘Forma’, la cui azione, quindi, va considerata senz’altro di straordinario profilo proprio perché va ad introdurre, con molto coraggio, un intervento di totale rinnovamento.
Il rifiuto della figurazione è radicale e la definizione dell’assetto compositivo appare presieduta da campiture massive che si organizzano in funzione di dar corpo ad una armonia di forme pure.
Si comprende bene che una impostazione di tal fatta impedisce in radice, ad esempio, che possa darsi spazio ad una ricerca creativa che consideri l’elemento materico e gestuale come una componente di cui aver conto e di cui poter utilizzare vantaggiosamente le opportunità.
Nella Accardi, ad esempio, come in Sanfilippo e nello stesso Turcato, per limitarci almeno a questi autori, si assiste alla produzione di una pittura di visibile scelta planare, proposta in soluzioni di netto equilibrio ponderale, disposta a suggerire una immagine di netta compostezza e di credibile misura di assetto.
I colori stessi sono netti e ben definiti, non debordano dalle campiture e non si disperdono in slabbrature sfumate, provvedendo, piuttosto, attraverso un opportuno e non violento gioco di contrasti, a definire il ragionevole sostegno cromatico alle profilature degli assetti disegnativi.
Non durò molto a lungo questa esperienza di ‘Forma’, giacché il gruppo si sarebbe sciolto nel 1951, lasciando, però, dietro di sé una importantissima testimonianza di impegno astrattista da cui sarebbero germogliati ancora ottimi frutti, soprattutto con l’azione di alcuni dei suoi componenti (Accardi, Sanfilippo, Turcato, Dorazio) che avrebbero provveduto a sviluppare, con molta determinazione, le premesse eidetiche intorno alle quali il gruppo stesso si era formato.
Parallelamente, nello stesso giro d’anni si proponevano ancor altre esperienze di stampo propriamente astrattista: a Milano ed a Napoli, ad esempio, maturavano due contesti ‘concretisti’ di grande momento, mentre a Firenze fioriva il gruppo di ‘Astrattismo Classico’ ed ancora a Milano, nasceva il ‘Gruppo Origine’ che, però, concludeva la sua parabola anch’esso, come ‘Forma’, nel ’51.
Ma tutto questo è altro discorso.