Songdo

Seoul, Corea del Sud. Una grande metropoli di quasi 10 milioni di abitanti. È la quarta economia metropolitana più grande del mondo, dopo Tokyo, New York e Los Angeles. Ospita la sede di 14 delle 500 più grandi aziende. LG Electronics, Hyundai, Samsung, Kia Motors sono solo alcune di queste.

In coreano, Seoul significa “la calma mattutina”. Ma, a differenza del suo nome, è una immensa e caotica megalopoli. Così non sempre il senso innato di spiritualità interiore, che orienta ogni momento della vita del popolo coreano, trova qui, un modo compiuto per esprimersi.

Da questo paradigma inizia la storia della città di Songdo.

Cercando un luogo vicino a Seoul, ma lontano dal suo sovraffollamento, Songdo è stata costruita dal nulla, sottraendo 600 ettari di terra al Mar Giallo.

Tecnicamente, la città è considerata un’estensione di Incheon, un grande snodo di trasporti internazionali che consente a Seoul di essere facilmente accessibile dai viaggiatori provenienti da ogni parte del globo. Songdo è stata ideata, ad inizio del 2000, come una città completamente sostenibile e ad altissima tecnologia. Un centro senza automobili, senza inquinamento e senza spazi sovraffollati. Un’utopia in grado di offrire tutto ciò che Seoul non concedeva e in grado di attrarre talenti e affari.

Per raggiungere questi elevati obiettivi, sono state utilizzate alcune delle tecnologie urbane più avanzate del mondo. Le strade che collegano il distretto sono fiancheggiate da sensori che misurano l’uso di energia e il flusso del traffico. La città dispone di un enorme parco pubblico sul mare, grande quanto il più famoso Central Park, ma dotato di sistemi di irrigazione del tutto autosufficienti. La spazzatura viene incanalata in tubi che portano i rifiuti in uno speciale impianto. Qui vengono automaticamente smistati in materiali riciclabili e rifiuti da bruciare. Entro la fine di quest’anno, la città dovrebbe riuscire a raggiungere un tasso di riciclaggio dei rifiuti pari al 76%. Un altro traguardo pregevole è quello relativo al consumo energetico: ogni abitante di Songdo impiega fino al 40% in meno di energia rispetto a qualsiasi altra città del mondo.

Tutte le case sono gestite da app che controllano ogni sistema, dal riscaldamento all’aria condizionata, ai livelli di luce artificiale. È la città con il maggior numero di edifici “verdi” del mondo.

Un progetto di “città intelligente” da 40 miliardi di dollari che mirava alla creazione di un luogo completamente autosufficiente, verde e a basse emissioni di carbonio. Dieci anni fa era solo un mucchio di sabbia e oggi ospita circa 80.000 persone. Il programma non è ancora del tutto completato.

I progettisti americani hanno coinvolto esperti di livello mondiale in architettura, ingegneria, design e tecnologia come Kohn Pedersen Fox, Arup e Cisco.

Tuttavia Songdo è stata costruita seguendo il sogno utopico dell’high-tech. Un ambiente urbano ricco di sensori sofisticati che catturano i livelli di inquinamento e persino i movimenti dei cittadini. Un concetto di città radicalmente nuovo, progettato con estrema efficienza, totalmente artificiale, apparentemente senza povertà o degrado. Un set cinematografico di fantascienza.

Le strade sono incredibilmente larghe e raggiungono le 10 corsie. Questo sia in conformità alle leggi nazionali sull’edilizia, ma anche come omaggio ai grandi boulevard parigini. I viali, così come i sentieri dei parchi, risultano molto larghi e generano un senso di solitudine e disagio. Buddismo e confucianesimo, onnipresenti nella vita di ogni coreano, non sembrano esprimersi bene in questi luoghi, che sfuggono al senso di raccoglimento e alla capacità di governare al meglio la vita.

Così la città ospita molte meno persone di quelle originariamente previste. Il senso di vuoto ha fatto paragonare Songdo alla città fantasma di Chernobyl.

Sulla carta, Songdo vanta un impressionante sistema di trasporto pubblico, costruito in previsione di un futuro senza auto. La metropolitana si collega sia al distretto di Incheon, sia all’intricata rete ferroviaria di Seoul. Gli autobus collegano i centri commerciali ai quartieri e ai campus universitari. Altre linee veloci trasportano i pendolari direttamente da Songdo ai quartieri più alla moda della capitale. Per promuovere la pedonabilità, gli architetti hanno posizionato tutti gli spazi pubblici in modo che possano essere raggiunti a piedi, velocemente. Stanno inoltre costruendo un’ampia infrastruttura ciclabile. Ogni quartiere dovrebbe essere raggiunto in circa 10 minuti.

In pratica, però, le auto sono ancora presenti, perché affrontare una passeggiata di pochi minuti fino al negozio più vicino, durante i mesi invernali, è impossibile. Le temperature sono sempre molto al di sotto dello zero.

Solo nelle rarissime strade strette, Songdo si anima. Qui sembra un po’ come Seoul, ma con una folla più gestibile. Forse l’esatto tipo di atmosfera che gli architetti avevano in mente. Gli acquirenti entrano ed escono da negozi di snack, caffè e profumerie. E, come a Seoul, gli edifici sono “ad uso misto”, con un negozio diverso su ogni piano. In alcuni casi, ai vari livelli, si trovano anche chiese e scuole.

Tuttavia, nella maggior parte della città, le persone ci sono, ma non si vedono. Songdo è viva, ma invisibile.

Invece di essere una città high-tech del futuro, Songdo sembra più un sobborgo americano degli anni ’70. Scarsamente popolato e disposto semplicemente a griglia, con strade larghe, silenziose e tentacolari. Ovunque grattacieli residenziali in cemento, tutti identici.

Così molti di coloro che lavorano qui, vivono in altre parti di Incheon, dove l’alloggio è più economico. Alcuni vivono addirittura a Seoul, approfittando degli autobus espressi interurbani.

Il progetto di Songdo è rivoluzionario nello scenario delle “città intelligenti”, nel suo peculiare tentativo di realizzare “la città del futuro”. Tuttavia Songdo è ancora una città “fredda”, non solo per il basso numero di abitanti, ma anche per la scarsa attenzione dimostrata, dai suoi progettisti, al “fattore umano”.

Insieme ai significativi miglioramenti dell’infrastruttura tecnologica urbana, si dovrebbe sempre considerare il ruolo attivo svolto dalla “comunità dei cittadini”. Se le smart-city sono concettualmente pensate con l’unico obiettivo di implementare tecnologie all’avanguardia per servizi più efficienti, si rischia di creare un ambiente incline all’alienazione sociale. Gli abitanti possono progressivamente abituarsi al pervasivo controllo tecnologico, ma non altrettanto alla mancanza di relazione umana.

Un aspetto fondamentale da tenere in considerazione, in progetti di questo tipo, è la necessità di una valutazione etica e sociale approfondita. La necessità di basare ogni scelta progettuale sul “fattore umano”.

Ciò che i designer e gli architetti avrebbero dovuto fare era realizzare un progetto secondo i bisogni primari dell’uomo, con la tecnologia a complemento. È infatti abbastanza facile governare tutti i processi di una città con la tecnica, ma è impossibile assicurare, solo con questa, la felicità dei suoi abitanti.

Songdo è la prova che le città ad alta innovazione non sempre equivalgono a comunità ad alto potenziale.

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