Il giusto epilogo di un campionato perfetto: Totti che corre sotto la Sud, verso i suoi tifosi in un ideale abbraccio che coinvolge l’intera città dando sfogo alla tensione accumulata in mesi di attesa. In quella corsa esaltante vi è la fine della “prigionia del sogno” (come la chiamò il presidente Viola anni addietro). Un momento in cui un popolo ed il suo capitano diventano una cosa sola, spontaneamente, poiché, in fin dei conti Totti è sempre stato questo: un tifoso in campo.
Un’annata fantastica, nata sotto i peggiori auspici con la prematura eliminazione dalla Coppa Italia, condotta in porta grazie alla rosa eccezionale costruita negli anni dal Presidente Sensi; basti citare Batistuta, Montella, Samuel, Cafu, Candela, Tommasi, Delvecchio; per non parlare di Totti e Aldair presenti già dalla precedente gestione Viola).
Numerose, in quella stagione, furono le partite portate a termine con la forza dei nervi, della determinazione, mostrando la feroce volontà di raggiungere un obiettivo significativo dopo lo scudetto ottenuto dalla Lazio l’anno precedente.
Passi fondamentali lungo questo percorso furono, dunque, la vittoria contro la Fiorentina, ottenuta grazie ad una rete di rara bellezza segnata dal “re leone” Batistuta che scoppiò in lacrime dopo aver segnato alla sua ex squadra. Il derby di andata, vinto grazie ad una rocambolesca autorete, il pareggio per 2-2 a Torino contro la Juventus, raggiunta alla fine grazie all’ “aereoplanino” Vincenzo Montella.
Si giunse, dunque, al 17 Giugno 2001 che fu solo il prologo di un’estate in cui ogni angolo della capitale restò colorato di giallo e di rosso ed ogni serata illuminata da feste di ogni genere. Fu un periodo davvero “magico” per Roma: l’entusiasmo ed una sorta di esaltazione collettiva durarono per mesi.
E’ probabilmente vero ciò che in molti sostengono ovvero che, dal punto di vista della gioia e del coinvolgimento popolare, uno scudetto a Roma ne vale 10 conquistati un altro luogo.
Quello di quegli anni era, comunque, un calcio diverso dall’attuale, era ancora identificabile con una sorta di rito laico domenicale, un appuntamento grazie al quale era possibile far parte di una ben definita identità collettiva. Lo stadio veniva quasi riempito già all’apertura dei cancelli e le due ore di attesa dal fischio d’inizio erano una splendida occasione di aggregazione.
La squadra messa in piedi dal presidente Sensi, tornando all’aspetto strettamente sportivo, era un raro mix di forza fisica e tecnica, classe ed agonismo, arricchita, inoltre, da una panchina di estrema qualità.
Rimane, col senno del poi, il grande rimpianto di aver, probabilmente, vinto poco in relazione al potenziale (soprattutto in campo europeo). Il grande rimpianto di aver vissuto quella atmosfera cittadina, quel calore così coinvolgente per una sola stagione.
Fonte Foto: Wikipedia
Complimenti! Articolo interessante frutto di una penna magistrale