“Sono il primo presidente in 100 anni venuto qui per riconosce la verità di quello che è successo a Tulsa, siamo qui per fare luce e assicurarci che l’America sappia la storia per intero”. Sono le parole del Presidente Joe Biden su uno dei più inquietanti episodi di razzismo che si sono consumati giusto 100 anni or sono. Di preciso l’anniversario è già trascorso, ma di poco.
Erano i giorni tra il 31 maggio e il 1° di giugno del 1921 quando il suprematismo bianco, nella città di Tulsa, nello Stato dell’Oklahoma, assaltò un intero quartiere di afroamericani. L’episodio è conosciuto come ‘Il massacro di Tulsa’. Solo negli ultimi anni, però, sta venendo alla luce in tutti i suoi aspetti.
Neanche nel decennio delle grandi lotte per i diritti civili, portate avanti da neri e bianchi questo episodio venne in realtà ricordato. Scandalizzarsi per quest’altra pagina oscura della storia americana equivarrebbe a non conoscere di fatto le origini medesime della nazione a stelle e strisce. Nonostante ciò non dobbiamo rimanere indifferenti su quanto è successo un secolo fa e su quanto sta emergendo su quel massacro scoppiato per un’accusa di violenza sessuale.
A quanto pare un resoconto scritto su quello che avvenne è stato ritrovato nel 2015. Per essere precisi: dieci pagine scritte, da un avvocato afroamericano e choctaw, che sono conservate presso il National Museum of African American History and culture history a Washington.
In quelle pagine non si fa alcun riferimento agli antefatti della vicenda. Solo, si fa per dire, ad una descrizione su quello che l’autore vide da casa sua in quei terribili momenti. A distanza di cento anni, nonostante quel tragico fatto non sia stato riconosciuto come tale, non significa che non sé ne sia mai parlato.
In verità il primo Stato che incominciò a far affiorare la vicenda fu proprio lo Stato dell’Oklahoma. L’organo legislativo di quello Stato istituì un’apposita commissione con lo scopo di redigere un resoconto su quella che inizialmente veniva riconosciuta come ‘la rivolta razziale’, per poi venir identificata come ‘massacro razziale’.
Sopra abbiamo solamente accennato all’evento che avrebbe innescato lo scontro tra bianchi e neri: una violenza sessuale. Tutto sarebbe incominciato il 30 maggio, giorno del Memorial Day, quando un giovane di nome Dick Rowland, un lustrascarpe diciannovenne di un negozio, per recarsi al bagno riservato ai neri entrò nell’edificio Drexel. Il palazzo di fronte.
A quanto pare incontrò una ragazza, Sarah Page, una diciassettenne che lavorava in quell’edificio. Un impiegato del palazzo sentì un urlo di donna e poi vide fuggire un ragazzo dallo stesso edificio. Presumibilmente Dick. Quando si avvicinarono alla ragazza, notarono che la medesima era in evidente stato di agitazione. Da precisare che quel palazzo era solamente munito di unico ascensore. Forse è successo qualcosa all’interno della cabina? Forse il ragazzo non doveva andare in bagno e voleva incontrare lei perché i due erano amanti? Questa ipotesi venne avanzata proprio nella Commissione dello Stato dell’Oklahoma istituita nel 1996. Un’ipotesi avanzata giusto venti anni fa. Ovvero l’ottantesimo anniversario del massacro.
Venne chiamata la polizia, la quale interrogò la ragazza. Ma di ciò non c’è prova di alcun verbale o comunque di alcun documento scritto. Eppure la polizia intuì che non era successo nulla da poter far pensare al cosiddetto ‘assalto sessuale’. La parola ‘stupro’ non era ancora contemplata all’epoca.
Forse, tra le tante ipotesi avanzate anche dalla stessa commissione del 1996, e che il ragazzo, nell’uscire dall’ascensore, stava inciampando e cadendo si sia aggrappata su di lei per evitare di cadere. Dick Rowland, comunque, la mattina del 31 maggio del 1921 venne ugualmente arrestato da parte di un detective della polizia e di un agente di colore. Il ragazzo venne prima portato nella prigione della città.
Nelle ore successive incominciarono a circolare notizie su un possibile linciaggio da parte di alcuni bianchi nei confronti di Dick. Queste voci si sparsero così velocemente che anche i neri iniziarono ad organizzarsi per evitare l’omicidio di un altro giovane della loro comunità. C’è però da ipotizzare, ulteriormente, che la situazione degenerò per due ordini di motivi.
Il primo è che udite le voci di minacce nei confronti del giovane, le autorità decisero a loro volta di organizzarsi per trasferire il giovane nella prigione della contea. Quella più sicura. Secondo: ad alimentare la tensione si mise anche il giornale locale, il quale riportava la notizia dell’arresto del giovane e, secondo diversi testimoni, una scritta in cui si invitava, quasi, a linciare il malcapitato. Di ciò però non esiste nessuna prova al riguardo.
La copia del giornale uscì intorno alle 15 del pomeriggio e quattro ore e mezza più tardi si presentarono numerosi bianchi pronti con l’intento di colpire il ragazzo. Erano per lo più quasi 2000. Frattanto lo sceriffo della contea, bianco anche lui e di nome Willard M. McCullogh, riuscì a tenere a bada i facinorosi anche quando tre di loro entrarono nel tribunale con l’esplicita richiesta di vedersi consegnato il giovane.
Quasi un’ora dopo lo sceriffo, però, vide giungere ben cinquanta, massimo sessanta neri armati e con lo scopo di andare in aiuto delle forze dell’ordine. Bisogna a questo punto avanzare un’ipotesi: se il ragazzo fu arrestato dalla polizia, molto probabilmente, era quello di proteggerlo proprio da ciò che poi stava per succedere e che poi, fortunatamente, non accadde: il linciaggio.
Infatti, in un primo momento lo sceriffo placò gli animi dei presenti della comunità nera. Ma alcuni bianchi, notando l’altro schieramento armato, corsero subito a munirsi anche loro. Al ritorno cercarono di sfondare le inferriate del tribunale. Tra coloro che cercarono di fermare la folla c’era anche presente un uomo di chiesa, un Pastore Presbiteriano. Nulla di fatto, purtroppo.
Fu allora che i neri, preoccupati per la situazione, iniziarono a reagire in difesa non solo del loro componente della comunità ma anche del tribunale. Il risultato: fu un violento conflitto a fuoco tra le due opposte fazioni in cui, a quanto sembra, i razzisti l’ebbero la peggio.
Ma le sparatorie non terminarono. Proseguirono per tutta la notte, fino all’alba. Gli scontri si allargarono in ogni angolo della città, colpendo anche gente innocente che stava uscendo dal cinema. Persino nella ferrovia che portava a San Francisco nacque un equivoco. L’arrivo di un treno carico di passeggeri fu quasi scambiato per i rinforzi della comunità nera, la quale indietreggiava sempre di più verso il quartiere di Greewood, fondato dal primo leader della comunità nera Booker T. Washington, scomparso nel 1915.
All’alba del 1° giugno il quartiere venne sorvolato da diversi aerei con bianchi che lanciarono diverse bottiglie incendiarie contro il quartiere. Ed è qui che inizia il massacro di Tulsa. I giornali diedero risalto cercando di informare sul numero esatto delle vittime: il ‘Los Angeles Express’ ipotizzò che le vittime erano 175. Il New York Times appena 77. La Naacp affermò che le vittime, in totale, erano 250. Ma le cifre vennero comunque abbassate.
Molte generazioni di bianchi e di neri a Tulsa, per anni, sono cresciute senza in realtà sapere come le cose si siano svolte veramente. Solo adesso questo fatto, ormai riconosciuto, è stato inserito nel programma scolastico di storia. Più che un passo avanti, questo significa, nella sua essenza, riconoscere, sicuramente, la più brutta pagina della storia degli Stati Uniti d’America.
FONTE FOTO WIKIPEDIA
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