Bob Dylan, Il Menestrello del Rock, è nato il 24 maggio del 1941

39 album registrati, circa cinquecento canzoni composte se non di più e un Premio Nobel per la Letteratura che ancora spiazza tutti i suoi fans e forse anche direttamente lui. Era il 2016, l’anno diversi personaggi del mondo dello spettacolo e della musica lasciavano questo mondo, quando l’Accademia di Stoccolma con tale motivazione, per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana, consegnò tale riconoscimento a Robert Allen Zimmerman. Se il suo vero nome anagrafico non vi dice nulla, magari, proviamo con il suo soprannome: il ‘Menestrello del Rock’.

In realtà il rock c’è nella sua produzione musicale ma è perfettamente miscelato alla perfezione, nella sua lunghissima carriera, la musica d’autore, il country, il blues, il gospel ed in rock and roll. Alla base dei suoi testi, delle sue canzoni memorabili è mai banali c’è il folk. Quello di Woody Guthrie, per intenderci. Il cantante folk, scomparso nel lontano 1967, ha influenzato molti artisti della musica.

Si incontrarono nella città di New York, quando Robert Zimmerman era convinto della sua strada. Era intorno al 1961. L’anno più tardi cambiò nome per registrare e pubblicare il suo primo ed omonimo long play: Bob Dylan.

Nato il 24 maggio del 1941 a Duluth, nello Stato del Minnesota, quindi giusto 80 anni fa, Bob Dylan vanta anche quasi sessanta anni di carriera e nel corso dei decenni si è sempre mostrato schivo. Mai eccessi di protagonismo, nemmeno quando si esibì davanti a Giovanni Paolo II. Non ha mai parlato in modo banale e soprattutto non ha mai amato le etichette, di nessun genere. Soprattutto, come detto prima, non impazzisce per le celebrazioni, forse e per questo che, sempre in quel 2016, non ritirò di persona il Premio Nobel e inviò a Stoccolma la sua amica e collega Patti Smith. Nonostante tutto ricevette dall’allora Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, nel 2008, il Premio Pulitzer alla carriera.

Ma diciamo la verità: è da un bel po’ che molti se lo chiedono, seppur a semplice di titolo di curiosità. Chissà quale fu la reale reazione di Robert Allen Zimmerman nell’apprendere che l’Accademia svedese gli aveva conferito il prestigioso Premio proprio con quella motivazione? Incredulità o sotto sotto era consapevole che prima o poi quel riconoscimento, molto particolare, sarebbe stato suo? Non si sa effettivamente cosa disse in privato. Si sa, comunque, che non si recò a ritirarlo di persona.

D’altronde le celebrazioni, a Mister Zimmerman, non gli sono mai andate a genio. Sempre schivo, taciturno e misterioso. Per non dire criptico. Nonostante tutto i testi delle sue canzoni sono arrivati a tutto il mondo. E forse, sempre a titolo di curiosità, cosa penserebbe del fatto che in questi giorni le celebrazioni, e quindi i festeggiamenti, per il suo compleanno non si stanno sprecando?

Chissà, Mister Zimmerman, come lo trascorrerebbe il suo giorno speciale che gli permetterebbe di raggiungere quota 80 anni? Già, 80 anni. Per uno lui, per uno della sua generazione, molto probabilmente, è raro arrivare a spegnere quel numero di candeline. Forse è l’unico a potersene vantare.

E in tutti questi anni, come detto, ha pubblicato quasi quaranta long play e che comunque, fortunatamente, sono tornati di nuovo in voga. Un sito internet proprio in occasione del Premio Nobel a Bob Dylan il sito di ‘Virgin Radio’ elencò le migliori dieci raccolte d’inediti del Menestrello del Rock: Desire, del 1976; Another side of Bob Dylan, 1964; Oh mercy, 1989; The Freewheelin’ Bob Dylan, 1963; John Wesley Harding, 1967; Bringing It All back Home, 1965; Time out of my mind, 1997; Blonde on blonde, 1966; Highway 61 Revisited, 1965; Blood on the tracks, 1975.

Come si può ben notare il periodo d’oro della sua letteratura musicale è rappresentato dagli anni ’60. Il decennio delle contestazioni, il decennio delle proteste per i diritti civili e per la guerra in Viet-Nam.  Periodo in cui ha prodotto brani come ‘Like a Rolling stone’, ‘Just like a woman’, ‘Mister Tambuorine’, Blowin’ in the wind, Maters of war, Ballad of a thin man, All Along The Watchtower, The Times the are a changin’, Desolation Row.

Mentre per quanto riguarda la leggendaria Knocking Heaven’s door, quest’ultima fece da colonna sonora al film ‘Pat Garrett & Billy the kid’ del 1973. Da non dimenticare nemmeno la canzone che dedicò alla vicenda del pugile afroamericano soprannominato ‘Hurricaine’. Anche questa era una colonna sonora dell’omonimo film interpretato da Denzel Washington. Canzoni mai banali, dunque, e con una forte attenzione ai problemi della società.

Su di lui si potrebbero dire tante altre cose. Non si finirebbe più di parlare della sua immensa produzione musicale. Certo, sembra strano trovarlo, addirittura, anche nell’enciclopedia Treccani, la quale lo indica come il più grande esponente della canzone folk statunitense della seconda metà del Novecento.

Ciò significa che un personaggio come lui è difficile da trovare ed è difficile da riproporre soprattutto in questa epoca, forse. La sua unicità è quella di non essersi legato alle convenzioni o alle mode. Ma di averle quasi create, involontariamente, e di aver seguito sempre il ‘vento’ dell’istinto nel comporre canzoni, sempre attuali, ma lungimiranti ed intramontabili.

80 anni, dunque, per un mito, una leggenda vivente che molto probabilmente non ha per nulla esaurito la voglia di dire la sua su molti temi che attanagliano il mondo, cavalcando sempre l’onda del successo dalla quale non si allontanerà mai. Tanti auguri, Bob Dylan…

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