Quaranta anni fa il mondo della musica venne sconvolto dalla scomparsa del Re del Reggae, Bob Marley. Era l’11 maggio del 1981, quando la stella della musica giamaicana lasciava tragicamente questo mondo per entrare, di diritto e se vogliamo anche di prepotenza, nell’olimpo di coloro che non verranno mai più dimenticati. Aveva solo 36 anni.
Riconosciuto universalmente come cantautore, grazie a pezzi musicali di alto spessore e mai banali, Robert Nesta Marley, questo il suo vero nome di battesimo, era anche un attivista. Un attivismo tangibile proprio attraverso i testi delle sue stesse opere musicali.
Le problematiche sociali tanto care a lui erano la lotta contro l’oppressione politica e razziale e la speranza di vedere unite tutte le popolazioni di colore come possibile modo di raggiungere la libertà e l’uguaglianza. Paradossalmente fu proprio questo suo agire verso questi temi che, nel mondo, venne riconosciuto più come leader politico, spirituale e religioso che come un cantautore.
Nacque a Nine Mile, il 6 febbraio del 1945. La data, in verità, ancora oggi non è ancora certa, visto che Bob Marley venne al mondo grazie ad una relazione che, a quei tempi, fece addirittura scandalo. Un bianco giamaicano con una nera giamaicana. A causa di ciò Norval Marley, padre di Bob, venne addirittura diseredato sempre per questo motivo. Mentre Bob Marley fu vittima di bullismo, mascherato da atti di razzismo, proprio a causa della sua origine razziale.
La sua fortuna ebbe inizio intorno ai quindici anni quando un amico di famiglia, Neville O’Riley Livingston detto ‘Bunny’, lo introdusse al mondo della musica. Il futuro Re del Reagge si avvicinò a sua volta alle sette note ascoltando, anche grazie ai suoi amici, gente come Ray Charles, gli Impressions e addirittura Elvis Presley. Tutto ciò avviene a partire dal 1961.
Ed è sempre lo stesso anno in cui le cronache dell’epoca ci riportano i suoi primi esordi. Con il produttore discografico, Leslie Kong, incise due singoli: ‘Judge Not’ e ‘One cup of coffe’. L’etichetta musicale era conosciuta come Berveley’s. Per l’occasione usò addirittura un nome d’arte Bobby Martell. Purtroppo, le due canzoni, non attirarono le attenzioni del pubblico.
Qualche anno più tardi incominciò ad ottenere qualche piccola soddisfazione. Sempre con Bunny e con un altro amico, incontrato qualche anno prima, Peter McIntosh, conosciuto come Peter Tosh, fonda un gruppo musicale: The Wailers.
Il complesso si scioglierà esattamente dieci anni dopo la fondazione, nel 1974, per motivi ancora del tutto oscuri. Alcune voci affermano che la colpa è da attribuire allo stesso Marley, con la volontà di essere un cantante solista. Altri, invece, affermano che le responsabilità erano da attribuire agli stessi ‘Bunny’ e Tosh, sempre per lo stesso motivo: essere dei cantanti soliti.
Nonostante tutto quell’avventura musicale portò diverse soddisfazioni al futuro Re del Reagge. Per la prima volta Bob Marley si fece conoscere con singoli come ‘Get up, Stand Up’ e la famosa ‘I shot the sheriff’. Quest’ultimo brano fu oggetto di cover da parte del chitarrista Eric Clapton. Con la canzoni citate siamo alla pubblicazione del secondo long play della band, ‘Burnin’. Il primo era intitolato ‘Catch of fire’.
Quando Tosh e Bunny presero strade diverse, Marley mantenne il nome della band accanto al suo. Non ci volle molto, poi, per esplodere a livello mondiale. Era il 1975 quando in tutte le radio iniziò ad impazzare la famosa ‘No woman no cry’. Già da tempo portava la mitica capigliatura rasta e con quella hit portò, in via definitiva, il reagge a livello mondiale. Il reagge è a tutto oggi uno stile musicale legato, indissolubilmente, anche ad un particolare stile di vita, nonché discendente dello ‘Ska’ e variante del ‘rocksteady’.
L’anno successivo, per la registrazione di un album, si trasferì in Inghilterra, dove ebbe anche i primi guai con la legge. Venne arrestato dalla polizia mentre viaggiava verso Londra per piccole quantità di cannabis.
Nel 1977, durante una banalissima partita di calcio, sport di cui era molto appassionato, scopre il suo dramma e la sua vita cambierà per sempre. Per non dire che, molto probabilmente, inizierà a terminare proprio in quel momento. Giocando a pallone si procurò una ferita nell’alluce destro, pensando di essersela fatta praticando il suo sport preferito.
Non molto tempo prese parte ad un altro match tra amici e l’unghia dell’alluce si staccò. Fatto dei controlli, la diagnosi gli rivelò la terribile verità: un melanoma che cresceva sotto l’unghia dell’alluce. Aveva due scelte amputarsi l’alluce oppure tagliare il letto dell’unghia. Optando per la seconda scelta non fermò ugualmente quel maledetto cancro che salì fino al cervello.
Morì la mattina dell’11 maggio del 1981 dopo quattro anni di battaglia e di speranza. Quattro anni dove riuscì, comunque e fortunatamente, a continuare a lasciare una traccia indelebile di sé tra long play, canzoni e concerti. Specialmente quello del 27 giugno del 1980, a Torino, rimane ancora oggi memorabile, , come tutto il suo percorso musicale. Dopo i funerali di Stato, Bob Marley è stato seppellito in una cappella accanto alla sua casa natale.