Era un giorno simile a tanti, il 26 aprile 1937. Un lunedì affaccendato, essendo giornata di mercato. Guernica è una piccola città a nord est della Spagna, nella provincia di Biscaglia.
È la capitale religiosa e storica dei Paesi Baschi. Il luogo di incontro dell’Assemblea di Biscaglia, che si riuniva sotto un’antica quercia, la Gernikako Arbola, antico simbolo di libertà di questo popolo. Sotto di essa, ogni anno sino al 1876, il Consiglio degli Anziani emanava i cosiddetti fueros, le leggi che stabilivano i tributi annuali per ogni distretto. I membri provenivano da tutta la regione e svolgevano una forma diretta di vera democrazia. L’albero, in caso di morte, veniva sostituito da una nuova pianticella, nata dai frutti del vecchio tronco. Questa simbolica continuità di vita ha permesso, al popolo basco, autonomia e sovranità per svariati secoli, sino a oggi.
Quel giorno, nella piazza, c’era apprensione: l’evento settimanale era stato cancellato a mezzogiorno perché il fronte si stava avvicinando. Siamo nella primavera del 1937, nel pieno della guerra civile spagnola. Le forze nazionaliste, guidate da una giunta militare, si contrappongono a quelle del governo legittimo della Repubblica, sostenuta dal Fronte Popolare, la coalizione di partiti democratici che aveva vinto le elezioni ad inizio anno. Il generale franchista, Emilio Mola, sta organizzando una campagna terrestre con lo scopo di eliminare i nemici.
Quel 26 aprile, alle 16:30 circa, il campanile della chiesa comincia a battere il segnale di un imminente attacco aereo. I contadini, con il loro bestiame, sono arrivati dalle campagne, per organizzare la fiera del lunedì. Il centro è già, peraltro, pieno di profughi. Al suono dell’allarme, molti scendono nelle cantine destinate a refugios. Attendono qualche minuto ma, inaspettatamente, compaiono solo due ricognitori che, dopo un largo giro, fanno ritorno alla base.
Escono, allora, nuovamente in strada, sollevati ma inconsapevoli. Ignari di essere stati scelti per un esperimento di tattica militare: valutare l’efficacia di un massiccio ed istantaneo bombardamento aereo. Un quarto d’ora dopo, decine di cacciabombardieri italo-tedeschi, alleati dei franchisti, compaiono in cielo, sganciando ogni tipo di ordigno, da bombe convenzionali a quelle incendiarie.
Il caos, orribile, diventa subito orrore: le persone cercano di rientrare nei refugios, ma si accorgono presto che le strutture non sono in grado di resistere a quella furia. All’interno si sviluppano alte fiamme e molti iniziano a morire soffocati dal fumo. I sopravvissuti si riversano nella campagna circostante, fuggendo attraverso i campi. I cacciabombardieri scendono veloci e mitragliano uomini, donne, bambini e bestiame. Viene distrutto anche l’ospedale. Gli attacchi si fanno via via sempre più intensi, sino a sera.
Dalle città vicine, l’orizzonte di Guernica si tinge di rosso. Le strade si riempiono di buoi e pecore coperti di fiamme, che corrono morendo tra i corpi carbonizzati degli abitanti. Il bombardamento distruggerà completamente la città. E la sua quercia millenaria.
Quel paese, che all’epoca contava 5.000 abitanti, oggi supera i 16.000. La cittadina è stata ricostruita da zero. Tra i pochi edifici che sopravvissero al bombardamento, si salvò quello più emblematico: la Casa de Juntas, cuore della storia e delle libertà politica del popolo basco. Accanto a questo edificio, costruito nel 1826, che attualmente ospita le Assemblee Generali di Biscaglia, troviamo nuovamente il famoso Albero di Guernika.
A pochi passi, nella calle Pedro de Elejalde, davanti all’ambulatorio, alcuni anni fa, è stata realizzata una splendida riproduzione in ceramica, a grandezza naturale, del “Guernica”, il famoso quadro di Pablo Picasso. Sicuramente l’opera più rappresentativa del XX secolo: in essa ritroviamo tutto l’orrore di quel giorno di primavera.
Nel 1937, il Governo Repubblicano spagnolo commissionò all’artista un dipinto che rappresentasse la Spagna durante l’esposizione mondiale di Parigi, di quello stesso anno. Picasso compose il grande quadro in soli due mesi, nel suo studio francese. La genesi, l’evoluzione e l’ispirazione del capolavoro, non sono ancora oggi del tutto chiari, ma grande influenza la ebbe Dora Maar, fotografa, poetessa e pittrice attivista, nonché una delle tante amanti dell’artista.
La grande opera, di 27 metri quadri, era la prima e l’ultima che i visitatori potevano ammirare durante la visita al padiglione spagnolo. Il dipinto, malgrado fosse stato acquistato dal governo di Madrid, non tornò subito in patria. Il Museum of Modern Art, di New York, lo ospitò per parecchi anni. Arrivò in Spagna solo 1981, a otto anni dalla morte di Picasso e a sei da quella di Francisco Franco e dalla fine della dittatura. Rispettando così la volontà del grande pittore.
Continuando a passeggiare per la nostra città, dietro la Casa de Juntas si apre il Parco de Los Pueblos de Europa. Questa è un’oasi di pace, ideale per fare un’ultima riflessione su questa città simbolo. Nel parco si trovano due importanti sculture: “Large figure in a shelter” del britannico Henry Moore e, soprattutto, “Gure Aitaren Etxea”, dell’artista Eduardo Chillida. Il Governo Basco ha voluto commemorare, in questo modo, il 50º anniversario del bombardamento.
Questo simbolo di pace stabilisce un dialogo silenzioso con l’Albero di Gernika, situato poco lontano. Un grosso foro si apre sui muri di cemento dell’opera e, da esso, si intravede il mitico albero, in un intreccio emblematico tra passato, presente e futuro.
La storia della città di Guernica, della sua rinascita, connessa a quella del famoso dipinto, resteranno per sempre legate ad un tragico evento che, pur segnando uno dei momenti più bui del XX secolo, ha generato, tuttavia, la nascita di uno dei simboli più potenti dell’arte universale.