La felicità è uno stato d’animo che si può imparare a coltivare. Di certo non esiste un manuale o una ricetta che ne garantisce il raggiungimento. Un modo utile è guardare la vita con risolutezza, ottimismo, fiducia e determinazione. L’ottimista trasforma le sfide in opportunità. L’inerzia e la pigrizia sono cattive consigliere, bisogna impiegare il tempo con la giusta tempra. Ogni passione può arricchire il nostro bagaglio di esperienze, l’atto creativo può essere simbolo di libertà. Le emozioni positive da coltivare sono: umorismo, gratitudine, tolleranza e stima di sé.
Imparare a disciplinarsi, sta nell’educare se stessi per diventare saggi.
Lo psicologo Abraham Maslow nel 1954 pubblicò il libro Motivation and Personality, in cui classificò i bisogni e le necessità dell’uomo in uno schema. La Piramide di Maslow è suddivisa in cinque bisogni: fisiologici (base), sicurezza, di affetto/appartenenza, stima e in cima alla piramide il bisogno di autorealizzazione. In modo schematico potremmo dire che vi sono punti da tenere in considerazione per il benessere personale: 1) vivere il presente, non essere proiettati, verso il futuro; 2) esprimere il proprio talento, le proprie passioni; 3) mangiare sano, giusto sonno e relax; 4) non essere ossessionati dal parere altrui; 5) evitare i confronti con gli altri; 6) accettare i cambiamenti; 7) coccolarsi dalle piccole cose quotidiane.
Avere disponibile economica può dare maggiore libertà negli acquisti dei beni materiali (attimi di piacere), ma non è una fonte di garanzia per la felicità. La vera ricchezza è nella libertà del tempo da dedicare a noi stessi: meditazione, riflessioni, considerazioni, hobby e interessi. James Pennebaker psicologo dell’Università del Texas spiega come la “scrittura espressiva” possa creare effetti benefici per un viaggio introspettivo verso se stessi, cioè comprendere quello che davvero vorremmo per noi (conoscersi e riconoscere i nostri bisogni). Si tratta di soli quindici
minuti al giorno dove esprimere i dubbi, conflitti, desideri.
Della stessa impronta positiva è la “regola del minuto”. Un tipico esempio è quando ci sentiamo sommersi da mille impegni. La soluzione è iniziare da ciò che può essere risolto in breve tempo, così ci sentiremo utili e concreti. L’ottimismo deve essere realistico per Seligman, nel senso di non vedere il mondo roseo (“la sindrome di Pollyanna”). Ma sapere quali rischi e pericoli possiamo trovare nel nostro percorso evitando spiacevoli situazioni, oppure affrontarli con la giusta risolutezza.
Il pessimista è dubbioso sulla possibilità di essere artefice del suo destino, si arrende alla rassegnazione, autocommiserazione e passività. “Ognuno è tanto infelice quando crede di esserlo”. Lo diceva Seneca. L’infelicità affonda le sue radici nelle emozioni negative: ansia, aggressività, tristezza, rabbia e paura. Gli ostacoli servono a mettere in campo le migliori risorse.
In conclusione citiamo una massima di Zygmunt Bauman, in cui affermava che ‘la felicità più duratura è quella che arriva dopo aver superato le avversità. Quando finalmente si può dire: ”ce l‘ho fatta”.