Quando aveva dodici anni manifestò a suo padre la voglia di voler fare l’attore. La risposta che ricevette non solo fu leggendaria ma anche, allo stesso tempo, simpatica: ‘non ti preoccupare, vedrai che ti passa’. Per fortuna che a distanza di anni, possiamo dire con piacere, che la voglia di recitare non gli è mai passata. Quella strana ‘malattia’ che ti permette di vivere la vita di personaggi fittizi, ma rappresentativi della realtà, lo ha portato a lavorare per alcune delle fiction e film più importanti di quest’ultimo ventennio. Per non parlare, anche, dei registi altrettanto importanti.
Stiamo parlando di Domenico Centamore che, proprio in questi giorni, è il protagonista, insieme al suo vecchio amico e collega, Claudio Gioè della nuovissima fiction tratta dai romanzi di Gaetano Savatteri ‘Makari’. L’utilizzo di questo termine, protagonista, non deve trarre in inganno perché il personaggio di Claudio Gioè è supportato, in queste indagini casuali, non solo dalla studentessa di architettura Suleima ma anche da Piccionello. Il suo personaggio, appunto.
Domenico Centamore lo abbiamo intervistato, ‘incontrato’ telefonicamente, e quando ci ha raccontato questo sfizioso aneddoto della sua infanzia ha strappato un sorriso anche a noi. In fondo il lato ironico a lui non gli manca e non un caso per il ruolo che ricopre. Ci ha anche ricordato che ne ‘La mafia uccide solo d’estate’: “Facevo Toto Riina in versione comica”.
Ma guai a pensare che è adatto solo per i ruoli negativi. Certo, ne ‘Il capo dei capi’ vestiva i panni di Giovanni Brusca accanto a Claudio Gioè e proprio di lui, del suo migliore amico ci dice tante anche cose: “Una cosa che ci lega tra me e Claudio sono venti anni di amicizia. La nostra vita, la nostra amicizia inizia ne ‘I cento passi’. Da lì nasce questa amicizia e come sai molte volte, tra noi attori, succede che s’interrompe, perché non ti vedi sempre.
Siamo riusciti a coltivarla, sempre ed è cresciuta nel corso degli anni. Poi ci siamo rivisti ne ‘Il Capo dei Capi’ e molte volte dicevamo chissà se ci capita qualcosa da fare insieme” e in effetti è capitato che sono tornati a recitare insieme. Poi continua: “se capita qualche difficoltà Claudio mi è sempre vicino”, per poi aggiungere un sentito “Grazie Claudio Gioè: perché mi ha supportato e sopportato sul set”.
I ringraziamenti, però, non sono solamente per il suo collega e amico. Ma anche per l’attrice anch’essa protagonista di questa nuova avventura televisiva, Ester Pantano: “Devo ringraziare anche l’altra partner perché il lato femminile aiuta sempre. Voglio dare il merito ad entrambi. Si è creata una bella atmosfera fra tutte e tre”.
Come detto Domenico Centamore di ruoli ne ha fatti tanti. Sempre da caratterista. E del suo modo di immergersi nel suo lavoro ci dice anche come la pensa: “Nel mio modo di vedere non c’è un ruolo più o meno importante. In queste quattro puntate ho il ruolo di protagonista. Ho fatto altre serie lavorando in due puntate, perché erano ruoli più piccoli. Indubbiamente c’è il ruolo più grosso e quello più piccolo.
Però quando ho fatto i miei ruoli ci metto sempre la stessa importanza per l’amore che ho per il mio lavoro. Per esempio, ho avuto la fortuna di recitare ne ‘Il Divo’ e non ho una parte importante. Però grazie a Paolo Sorrentino che per me è un genio, quelle poche cose che ho fatto sono rimaste impresse perché lo fai anche con amore. Questa volta invece sono tra i protagonisti e per me è un impegno più grosso”.
Piccionello, infatti, è un ruolo totalmente diverso da come siamo stati abituati a vederlo e lui non nasconde di voler bene al suo nuovo personaggio: “Ti posso dire la verità: io ho fatto un sacco di personaggi belli mafiosi. Piccionello è completamente fuori da questi schemi. Non ha la cattiveria, non ha la faccia da mafioso, anche quando si arrabbia. Li ho dovuto lavorare tanto, tanto e solo dopo essermi visto in tutte e quattro le puntate posso dire sì ce l’ho fatta oppure no. Mi sono dovuto preparare molto, essendo io un attore molto caratterista.
Gli attori a cui mi ispiro sono Tano Cimarosa. Quelli erano attori veri, da cinema. E per le caratteristiche che ho assomiglio tanto a quel tipo di personaggio e quindi rischiavo che diventava un misto tra Giovanni Brusca e lo stesso Piccionello, invece no. Spero di esserci riuscito. Poi c’è tutta la comicità che ha il mio personaggio. Anche quando litiga con Lamanna non ha l’atteggiamento da mafioso. E’ genuino”.
Difatti la genuinità appare anche quando si intromette tra Lamanna e Suleima, non apparendo come “un terzo incomodo”; ma integra il duo tanto da trasformarlo naturalmente in un trio. Per non dimenticare le particolare magliette che indossa, con scritte particolari del tipo: Beddu siculo. Le domande che poniamo all’attore siciliano, della provincia di Trapani, sono tante e lui non si sottrae alle stesse. Ci risponde spontaneamente, senza alcuna ritrosia. Si racconta con tutta la voglia di farsi conoscere. Anche quando ci svela un retroscena che ha il sapore, forse, di un rammarico: “Io da 21 anni faccio l’attore e sono rimasto in Sicilia. Ho preferito così e chissà se venti anni fa stavo la mia carriera sarebbe stata più veloce. Ma amo Scordia, che è la mia terra, la mia città”. Difatti è solo una sensazione la nostra.
Una sensazione scacciata dal suo modo d’interpretare la sicilianità e di rappresentarla. Perché rimanendo nella sua terra ha comunque deciso di mostrare tutti i lati di una Sicilia forse ancora poco conosciuta e che “per il cinema è Hollywood. Nel senso che puoi girare tutto: dai film western. Pensa abbiamo girato ‘Guerra per amore’ con Pif interamente girato a Elice. I costi si sono abbassati perché quel luogo è ancora un borgo quasi medievale. Vuoi la montagna e trovi la montagna. Vuoi il mare e trovi il mare”.
C’è anche spazio per una curiosità, sempre professionale. In fondo ci viene spontaneo porre un quesito ad una persona che di ruoli, come detto più volte in questa intervista, ne ha fatti tanti. Gli chiediamo se, nel suo percorso professionale, se c’è mai stato un personaggio di cui, poi, si è pentito in seguito di averlo impersonato. Non ci dice il titolo del film perché non gli sembra giusto:
“Però si mi è capitato un personaggio che non era nelle mie corde. Ti dico solamente che era un ispettore. Ed è stato l’unico ruolo che non ho amato e non mi ci sono trovato bene. Poi tutti gli altri ruoli che ho ricoperto sono stati importanti per la mia crescita come attore. Devo dire che questo però non era proprio nelle mie corde. Cioè fare l’ispettore di polizia non era adatto a me. Forse in versione comica sì, ma in versione seria come l’ho fatta quella volta… certo l’attore deve fare tutto”.
Non ci fermiamo a fare le domande, cercando di sondare il terreno su una possibile seconda stagione:
“Noi speriamo di fare la prossima stagione. E’ normale, però di deciso non c’è ancora niente. La mia esperienza mi porta e credere che si guarderà anche agli ascolti. E’ il pubblico che decide, che si deve affezionare ai personaggi. Quindi se la serie avrà degli ascolti accettabili sicuramente la Palomar ci punterà”. Possiamo dire le prime due puntate hanno conquistato sei milioni di telespettatori. Già questo sembra un ottimo biglietto da visita. Nel risponderci ci sono altri ringraziamenti dovuti e spontanei come a Michele Soavi: “Michele è un regista di grandissimo livello e secondo me ha dato un bel tocco alla regia. Per me ci sono tutti i presupposti per una bella fiction e anche di qualità. Visto che alle volte la qualità manca”.
Gli chiediamo anche su come la pensa su alcuni accostamenti tra ‘Makari’ ed ilò Commissario Montalbano: “Ma questo era quasi scontato. Intanto noi non possiamo essere eredi di Montalbano, perché Montalbano è un fenomeno. Già la differenza tra la Sicilia di Montalbano con quella di Zavatteri. Montalbano dice ‘Montalbano sono’ e non è il nostro siciliano, quasi letteratura. La nostra Sicilia è moderna. Saverio Lamanna ha il tablet, il telefonino. Lui diventa un investigatore, ma non quelli con la pistola che non c’entra nulla. E’ un giornalista di cronaca e si appassiona a questi piccoli eventi che succedono a Makari, quindi da questo punto di vista è molto diverso da Montalbano. Certo nel momento in cui Montalbano è finito è normale che molti ci accostano a lui”.
C’è anche spazio per conoscere il suo futuro. Per scoprire se sta lavorando ad un altro progetto: “Al momento sono in procinto di capire se lavorerò ad un altro progetto, ma non è ancora stato definito nulla. Quindi preferisco non dire niente. Sembra, però, che la cosa dovrebbe andare in porto”.
Non manca occasione anche di svelarci com’è stato lavorare sul set: “E’ stato un dramma perché abbiamo lavorato quattro mesi in piena pandemia. Con le regole e avevamo la ‘Covid manager’ che controllava la distanza e l’utilizzo delle mascherine. È stato un po’ un delirio, perché poverina stava sempre a controllare”.
Anche con Domenico Centamore è stato piacevole dialogare. In questa sua ultima avventura sta dimostrando tutto il suo talento. Tutta la sua bravura. Da Giovanni Brusca a Piccionello il passo non è breve, anzi. Per non dimenticare il suo esordio ormai di ventun anni or sono. Ha impersonato personaggi diametralmente opposti e non ha mai sfigurato, anche quando si è dovuto misurare con un ruolo a lui non congeniale. Forte sintomo che quella voglia, definita scherzosamente ‘malattia’ di cui è ancora affetto, è ancora lontana dall’assopirsi.