Fu il primo ad avere l’appellativo di Chef
Dopo aver parlato di Pellegrino Artusi, scrittore borghese dell’ottocento e amante dell’arte gastronomica. Nonché autore di “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” , libro con cui tentò di tramandare la tradizione culinaria regionale unendo le tavole della neo Italia, ottenendo ottimi risultati. Oggi si parlerà di Marie – Antoine Carême.
In un certo senso, Careme, influenzò Pellegrino Artusi nella scrittura del suo libro e che, a differenza dell’Artusi, nasce povero. Precisamente da una famiglia parigina di umili origini. Diventando uno dei padri fondatori della cucina francese moderna e rivoluzionando di fatto la sua concezione e organizzazione.
Un vero e proprio figlio della Rivoluzione Francese, si potrebbe dire, che nacque a Parigi, (8 giugno 1784 – Parigi, 12 gennaio 1833) e fu chiamato cosi in onore della regina Maria Antonietta. Dovette iniziare sin da piccolo a lavorare in seguito all’abbandono del padre che non poteva provvedere alla sua sopravvivenza.
Il suo primo lavoro fu in una locanda come garzone. In seguito proseguì la sua formazione presso una pasticceria famosa al centro di Parigi. E fu proprio in questo periodo che iniziò anche a studiare da autodidatta. La sua visione della pasticceria unita alla sua forte propensione allo studio, alla ricerca dell’armonia nelle forme, e la sua più totale convinzione che architettura e pasticceria fossero due anime affini lo portarono presto alla ribalta.
Prima di dire altro però è bene spendere qualche riga descrivendo il momento storico a cui stiamo facendo riferimento. Sono gli anni della Rivoluzione Francese e quelli subito dopo. La caduta dei monarchi e l’ascesa della borghesia. All’epoca la lettura e scrittura non erano a portata di tutti, esisteva l’aristocrazia e il popolo, povero, anche se era in corso un cambiamento. Carême, nasce povero come detto, e stando ai dettami dell’epoca le sue possibilità di elevarsi dal suo stato di povertà a proprie spese erano scarsissime se non addirittura nulle.
Grazie alla sua tenacia, il suo impegno d’animo e determinazione imparò a scrivere e leggere solo accompagnato dalla sua grande passione e curiosità. Un vero talento che lo portò a scrivere in età adulta, ormai celebre, ben nove libri contribuendo anche allo sviluppo della Haute Cuisine. Una cucina ricca ed elaborata ideata per l’aristocrazia e trasformata successivamente in borghese.
La pasticceria fu “galeotta”; Il suo padrone pasticcere, riconoscendo il genio di Carème esponeva le sue creazioni in vetrina per attirare i passanti. Si trattava di creazioni moderne, nuove nelle forme e dimensioni. Fatte di zucchero e marzapane, chiamate “Pièce montée”, alte mediamente un metro e raffiguranti opere di architettura ad imitazione di templi, piramidi piazze.
L’occasione della sua vita non tardò ad arrivare. Le sue opere furono notate da Talleyrand, diplomatico francese che ne riconobbe il talento e lo volle con sé. Fu al suo servizio per dodici anni, negli anni di massimo splendore di Napoleone e questo significò una sola cosa: farsi conoscere da tutto il mondo della politica internazionale.
In seguito fu anche chef per la famiglia di Napoleone Bonaparte e, dopo la caduta di Napoleone, per il re Giorgio IV di Inghilterra e lo zar Alessandro I. Furono gli anni dei deliri culinari, banchetti con portate infinite, vera lussuria gustativa dove l’opulenza padroneggiava con ammirazione.
Fu grazie alla sua megalomania aggiunta alla sua preparazione e competenza gastronomica che si guadagnò l’appellativo di “Chef delle celebrità, o anche di “Cuoco dei re e il re dei cuochi”. Si dice che fu il primo ad essere chiamato Chef. Attribuzione che nacque proprio da lui per definire il capo. La sua fama lo precedeva, cucinò anche al congresso di Vienna, e tutti gli aristocratici lo volevano al loro servizio. Furono gli anni d’oro di Carème.
Creava, sperimentava e scriveva. Introdusse il concetto della decorazione dei dolci, aiutandosi, inventandola, la ‘sac à poche’ o tasca da pasticcere, indispensabile oggi nel settore. Sorprendeva gli ospiti dell’aristocrazia con i suoi centrotavola di carne arrostita, frutta o verdure lussuosi, con la sua ‘mise en place’ dei dolci di architettura complessa.
La nobiltà oltre che essere sbalordita dalla novità si riconobbe in quello sfarzo, nei banchetti sontuosi e nella presentazione scenografica delle creazioni conformi al lusso dell’epoca.
Cosi consacrò la sua fama negli ambienti lussuosi, a lui si deve l’invenzione dei croquembouche, i vol-au-vent, la classificazione delle salse e ancora il savoiardo, le meringhe, inventò il cappello da Chef. In sintesi fu lui che della cucina ne fece un ‘arte!
Ma perché si parla di Carème come un figlio della Rivoluzione Francese?
Perché grazie ai suoi scritti contribuì a far circolare il sapere nella categoria dei cuochi innescando una rivoluzione sulla concezione della cucina. Dopo la sua grande esperienza formativa presso la corte di Talleyrand, la scrittura prese sempre più spazio nella sua vita fino agli ultimi anni.
Amava scrivere per tramandare, sosteneva che “niente è più effimero di un pranzo. Lo spazio di una, due ore e tutto diventa scarto, rifiuto. Un libro rimane e cammina. Perché le buone idee hanno le gambe e fanno il giro del mondo”.
Morì a cinquant’anni a causa dei fumi respirati nelle cucine sin da piccolo. In vita scrisse L’Art de la Cuisine Française”. Cinque volumi, due dei quali furono stampati dopo la sua morte e che contengono innumerevoli ricette, menù stagionali. Ma anche nozioni sulla storia della cucina francese, l’organizzazione della cucina e del personale di cucina che in seguito diventeranno le Brigate di cucina.
Con questi cinque volumi rivoluzionò la concezione della cucina dell’epoca e lo fece definendo il codici dell’Haute Cuisine attraverso i principi base che si diffusero negli anni elevando il mestiere del cuoco. Principi di base semplici ed efficaci secondo i quali: il cibo doveva essere fresco, sano e pulito; il cibo doveva essere francese (semmai delle colonie); le porzioni dovevano essere equilibrate nell’aspetto, nel sapore, dovevano essere belle a vedersi e servite in un ordine preciso; il gusto del pasto doveva essere anche visivo, seguire una stretta gerarchia e stupire per sedurre.
Dettò le nuove linee guida anche sull’organizzazione dei banchetti e dei menù, con nuove proposte di mise en plàce, compiendo anche qui una vera rivoluzione. Basti pensare che prima di lui nelle corti europee esisteva il “servizio alla francese”: cioè le portate erano presenti sulla tavola tutte insieme, calde e fredde, dolci e salati e gli ospiti si servivano secondo i loro gusti personali.
Con Carème si introdusse invece il “servizio alla russa” cioè la tavola con sedute, piatti e bicchieri, poche portate fredde e dei centri tavola di forte impatto visivo. Le portate venivano servite dal personale della cucina di volta in volta e i commensali potevano scoprire le portate prima di vederle leggendo il menù!
Inoltre, grazie ai suoi scritti, a lui va il merito di aver reso accessibile la cucina francese di corte alla nuova nascente borghesia. In altre parole, con la caduta della monarchia, molti cuochi a servizio si ritrovarono senza un lavoro e per continuare a praticare il mestiere si trasformarono in commercianti di cibo. Facendo nascere così la categoria del ristoratore.
Carème fu dunque precursore della moderna concezione di organizzazione della cucina, della tavola e del servizio. Consacrandolo come il più importante cuoco del suo tempo e punto di riferimento per i suoi successori.
Ottimo articolo, di piacevole lettura e che denota una profonda conoscenza dell’argomento.
Incuriosisce il lettore!
Complimenti.
Da “ignorante” in materia trovo veramente interessanti ed istruttivi i Suoi articoli. Una scrittura fluente che riesce ogni volta a trasportarmi nelle varie epoche di cui ogni articolo tratta.
Complimenti!