Una storia lunga più di un secolo
L’incontro tra cinema e letteratura può, senza dubbio alcuno, essere definito un bell’incontro. Un incontro avvenuto agli albori della settima arte che ha dato vita ad una relazione che ormai dura da più di un secolo. Risale, ad esempio al 1910 la prima trasposizione cinematografica di “Frankestein”, il romanzo scritto da Mary Shelley, pubblicato per la prima volta nel 1818 e diventato subito un best seller.
Il film del 1910, diretto da J. Seare Dawley durava appena 13 minuti e fu girato nel Bronx a New York. Prima ancora della trasposizione cinematografica americana del libro della Shelley, in Italia troviamo quella de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni. La pellicola fu diretta nel 1909 da Luigi Comerio e come quella made in Usa era un cortometraggio di nove minuti. Qualche anno più tardi, nel 1913, vennero addirittura realizzate due versioni cinematografiche del romanzo manzoniano.
Si trattava di veri e propri film, entrambi della durata di 70 minuti, uno con la regia di Eleuterio Rodolfi e la sceneggiatura di Arrigo Fusta e l’altro diretto da Ubaldo Maria del Colle sceneggiato da Perego e Chiosso. Questi solo per citare alcuni dei momenti salienti seguiti al primo incontro tra il grande schermo e la pagina scritta. Come in ogni relazione, anche in quella tra il cinema e la letteratura, ci sono stati alti e bassi, momenti memorabili ed altri che molti vorrebbero dimenticare, ma certo è che se la storia dura ancora oggi ha delle basi più che solide.
Una buona storia non può che venire esaltata dalla potenza del grande schermo. Un libro di successo non può trovare palcoscenico migliore dello schermo di una sala cinematografica, tanto se l’adattamento riesce a valorizzarlo e a mettere in evidenza gli aspetti migliori. L’adattamento cinematografico di un’opera di letteratura non è cosa da poco, anche quando leggendo un libro si dice che “è già un film”.
Legioni di sceneggiatori si sono confrontati con l’arduo compito di tradurre in scene e dialoghi le pagine più famose della letteratura. Alcuni di loro hanno prodotto sceneggiature che poi sono diventati film di successo mondiale, come le opere da cui erano tratte.
Altri, pur molto capaci, sono inciampati nella difficoltà, a volte insormontabile, di trasformare personaggi creati dalla penna di uno scrittore e amati da milioni di lettori in tutto il mondo, in protagonisti di una pellicola all’altezza del libro da cui era tratta.
Tradire o non tradire il romanzo? Questo è il dilemma che solitamente attanaglia lo sceneggiatore investito dell’incarico di trasformare un best seller in un box office. Non esiste un’unica risposta. Ci sono film che hanno molto tradito il libro e che nonostante ciò sono stati molto amati, se non hanno addirittura in qualche modo contribuito ad accrescere il successo del romanzo; così come ci sono film molto fedeli alla pagina scritta.
Una delle poche certezze in quest’ambito è che solitamente i celebri e celebrati autori dei romanzi non sono stati altrettanto capaci poi nel ruolo di sceneggiatore, quando è toccato loro di scrivere l’adattamento cinematografico. Celebre il caso di Bassani, autore de “Il giardino dei Finzi Contini” che venne sostituto poi da Ugo Pirro e ottenne la nomination agli Oscar per la migliore sceneggiatura non originale.
Questo solo per citare uno dei film più belli e fortunati nati dall’incontro tra il cinema e la letteratura, ma tanti sono gli esempi che vengono subito alla mente da “Il dottor Zivago” a “La Ciociara”, da “Il Gattopardo” a “Colazione da Tiffany”, (seconda parte del link), l’elenco è veramente lunghissimo. Dietro ognuno di loro una storia che vale la pena indagare. Dietro ognuno di loro una storia che potrebbe essere un altro film.
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