SET 25, 2020
Dalla tragedia personale alla possibilità di far rinascere l’America
La settimana scorsa era stata affrontata, in un lungo articolo, sia la politica estera che interna dell’attuale Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Per par condicio, con l’appuntamento di oggi, parliamo del suo sfidante alla Casa Bianca, del candidato per il Partito Democratico, Joseph Robinett Biden Jr, meglio conosciuto come Joe Biden. Fin dall’inizio di questa serie di appuntamenti è stato fatto l’uso, volontario e anche per giocare un poco con l’evento del 3 novembre, un linguaggio legato al pugilato. Attribuendo la qualità di Campione del titolo all’attuale Presidente Trump e, appunto, quella di sfidante per le imminenti elezioni presidenziali a Joe Biden.
Rimanendo nella terminologia dei titoli è chiaro che quest’ultimo ne possiede di più per governare un paese come quello degli Stati Uniti d’America. Come però accennato anche la scorsa settimana, la vittoria di Trump è emersa grazie alle divisioni e delle delusioni che si sono fatte strada durante la Presidenza di Barack Obama, proprio quando Biden ne era solamente, si fa per dire, il suo vice.
Ora come ora ‘Sleepy Joe’ si trova ad affrontare, dopo il prossimo 3 novembre, una missione da compiere a tutti i costi se, come detto, ha veramente intenzione di riportare al centro del mondo l’America e, oltretutto, ripulire l’immagine della medesima dalle scelte del Presidente Trump.
Difatti i dossier che si troverà ad affrontare saranno quelli del razzismo, crisi sanitaria, questioni delle armi, la Cina, far ripartire l’economia che si è bloccata a causa del coronavirus, senza dimenticare l’ennesima patata bollente relativa alla scelta del sostituto del giudice della Corte Suprema Ruth Bader Ginsburg, deceduta in questi giorni per una malattia incurabile. Per il momento colui che vorrebbe forzare i tempi è il Tycoon, dato che nominando un altro membro conservatore sposterebbe la maggioranza in favore del Partito Repubblicano, senza dimenticare che la carica di tutti e nove i giudici in Corte Suprema è scadenza naturale, ma di questo ne parleremo più approfonditamente la prossima settimana.
Tra i due, fra non molto, ci sarà il primo ‘match’, inteso primo confronto televisivo davanti alla nazione, il prossimo 29 di settembre. Biden, nato il 20 novembre del 1942 nello Stato della Pennsylvania, sembra stia affrontando una tattica totalmente diversa dal suo avversario: non aggressiva, poche uscite pubbliche e pochi interventi pubblici ma con parole e modi più pacificatori e armoniosi.
Sulle proteste razziali, in questi mesi, ha più volte manifestato la sua comprensione, condannando comunque la violenza da ambo i lati; senza però parlare a favore dei poliziotti o comunque non spendendo parole di vicinanza al corpo di polizia. D’altronde durante la convention del partito democratico ha definito il problema razziale come il peccato originale con il quale l’America è stata creata.
Il suo atteggiamento, dunque, pare di attesa per poi scatenarsi, forse, proprio il prossimo 29 settembre e, sempre rispetto al suo avversario, sta cercando di essere più paziente e più compassionevole; lui che durante i primi anni di carriera politica, esattamente quando era senatore del Delaware, perse la sua prima moglie, sposata nel 1966, per un misterioso incidente stradale. Era il 1972 quando avvenne la tragedia e con Neilla Hunter, questo il nome della consorte, aveva messo al mondo tre figli, presenti nella macchina la notte dell’incidente. Due si salvarono e solo la più piccola, di soli 13 mesi, purtroppo seguì la madre nel tragico destino. Dopo quel tremendo lutto si ricostruì una vita, crescendo i figli superstiti, con una seconda moglie.
Rimase in carica come Senatore fino al 15 gennaio 2009, quando prese il via la sua avventura come vice del Primo Presidente Afroamericano della storia degli Stati Uniti. Ed è qui, che forse, diversi errori sono stati commessi. Errori che egli stesso ha voglia di cancellare: rimettendo al centro della sua politica la middle-class, disastrata dalla crisi del 2008 e non supportata dallo Biden e Obama, i quali privilegiarono le banche.
Se questo è il primo tassello, fondamentale, il secondo riguarda la Cina con la quale non sembra modificare tanto l’atteggiamento rispetto a quello portato in essere dal suo possibile predecessore.
Quando molti anni fa, ai tempi di Nixon, l’America aprì le porte al paese asiatico con la speranza che con i decenni si sarebbe democratizzato, cosa che purtroppo non è avvenuta. Contro la Cina e la stessa Russia di Putin, Biden, vuole creare un fronte comune con l’Europa, riallacciando quei vecchi rapporti logorati dalla politica di Trump.
Sempre in politica estera, comunque, anche da quello che sta emergendo, non si discosterà molto dal suo predecessore: infatti non sposterà l’ambasciata da Gerusalemme ma aprirà un’altra sede in Palestina per riprendere il ruolo di equilibratore dell’America. In più si ritrova con un’economia da far ripartire, dopo la crisi provocata dal covid, e una sanità da riprendere con l’Obamacare.
Altra questione di notevole importanza, per non dire di fondamentale importanza, è l’immigrazione che per gli Usa rappresentano la linfa vitale. Inizialmente Trump, con il progetto del Muro tra il confine con il Messico, voleva sconfiggere l’immigrazione clandestina. Ma negli ultimi tempi avrebbe dichiarato guerra anche a quella legale, togliendo di fatto attrattiva a tutti coloro che vorrebbero entrare per lavorare. Biden, di sicuro, farà ordine anche su questo ma per dovere di cronaca bisogna porre un quesito sul Muro: continuerà a edificarlo visto che i lavori veri e propri iniziarono con Bill Clinton, Presidente Democratico?
Tutte sfide insomma difficili. Tutte sfide a cui dovrà trovare delle soluzioni e argomentarle in maniera convincente in questi giorni che lo separano dall’appuntamento cruciale. Biden potrebbe essere, se vince, il secondo Presidente degli Stati Uniti d’America di religione cattolica dopo John Fitzgerald Kennedy e d’altronde, i due, hanno anche lo stesso paese di origine: irlandese.
Dunque per adesso c’è solo da attendere il verdetto mentre la sfida tra i due è già diventata infuocata, per un match fino all’ultimo colpo.