Con l’aumento dei contagi il concorso straordinario doveva essere rinviato
Non si possono tenere assembramenti, non ci si può avvicinare e si deve rimanere ad un metro di distanza se non di più. Insomma quest’epoca di covid-19, con la speranza che finisca al più presto, molte cose non si possono fare e molte cose sono state, giustamente, rinviate. Se in alcuni posti è sussiste il divieto di entrare in massa o comunque gli stessi ingressi sono contingentati, c’è qualcosa che ancora non ci è chiaro. Non per fare polemica, anzi. ‘Parole Schiette’, quando interviene non lo fa mai con l’intenzione di accendere il fuoco, semmai di spegnerlo cercando di suggerire alcune soluzioni, che magari non verranno mai condivise.
Dicevamo, in questi tempi in cui la vita normale è all’interno di una bolla e non come prima, ci sembra strano che un impegno, tanto gravoso quanto doveroso ed indispensabile, non sia stato rinviato proprio nel momento in cui stiamo avendo il picco dei contagi. Di certo questo impegno annunciato e stabilito già da tempo ha innescato, di per sé, una serie infinite di polemiche. Stiamo parlando del concorso del 22 ottobre, organizzato per stabilizzare il numero infinito di precari che, da un bel po’ di anni, palleggiano da un istituto all’altro con la speranza, appunto, di venir riconosciuti come insegnanti a tutti gli effetti.
Il tema del precariato nella scuola sembra che inevitabilmente ci porta fuori strada per la tematica da trattare. Invece no. Mai come in questo periodo sono, giocoforza, ulteriormente argomenti connessi tra loro. Proprio in questa situazione di emergenza non era magari fattibile riconoscere il lavoro fatto per sette, dieci, quindici, venti e addirittura trent’anni di tutti coloro che hanno comunque creduto in quel lavoro d’insegnate. L’unica loro colpa è stata quella di non aver svolto il concorso. Il punto che di concorsi nella scuola non se ne facevano da un bel po’ di tempo.
Per di più averlo, pianificato proprio in questo periodo in cui gli spostamenti, organizzare degli eventi, manifestazioni cinematografiche, letterarie, sportive è ormai divento un problema di tutti i giorni, ha solamente alimentato il malcontento generale. E se proprio si doveva tenerlo, perché rinviarlo a data da destinarsi? Così facendo non c’è alcun rischio che aumentano i contagi. Non perché è sicuro che aumentino, però.
Oltretutto questo concorso non è solamente una beffa per coloro che, malauguratamente, si ammalano di covid-19 e non possono più prenderne parte. Inteso come l’unico treno che passa una volta nella vita. Ma lo è anche per coloro che, come abbiamo visto, hanno fatto sacrifici per trovare quella che, al momento, sembra l’unica via di fuga dalla disoccupazione, almeno in apparenza.
A questo concorso parteciperanno tutti, ma proprio tutti. Ovvero quelli che si stanno dannando l’anima da anni e quelli che hanno appena incominciato ad essere precari. Una volta sostenuto il concorso hanno anche la fortuna di vincerlo. Cosa succede? Magari una persona che è al primo anno di precariato scavalca, in graduatoria, colui o colei che per anni meritava, e che si è meritata sul campo dopo anni, il riconoscimento a tutti gli effetti come insegnante.
Meritocrazia? No, ingiustizia allo stato puro. D’altronde non si condanna l’idea o l’intenzione di bandire un concorso, visto che è la stessa Nostra Costituzione a sancire, attraverso l’ultimo comma dell’articolo 97, che ‘ai pubblici impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge’.
Ecco, l’ultimo verso dell’ultimo comma parla chiaro. Era possibile non solo rinviarlo il concorso. Ma anche stabilire per tutti coloro, dopo anni di precariato, potevano essere assunti a titolo definitivo con un’altra soluzione legislativa. In questo modo si rispettava lo stato di straordinarietà del periodo storico, si rispettava i precari e anche coloro che hanno iniziato da poco questa ‘nuova avventura scolastica’. Evitando, oltretutto, un possibile aumento dei contagi per poi alimentare nuove polemiche che proprio in questo periodo non fanno bene a nessuno.