CON UN ALTRO AFROAMERICANO UCCISO DALLA POLIZIA L’AMERICA TORNA A BRUCIARE
Era la marcia per la libertà e il lavoro quella che si tenne a Washington in quel caldo 28 agosto del 1963, meglio conosciuta come la marcia per i diritti civili e per quel discorso che ha trainato, consacrando oltretutto, quella mobilitazione spontanea di massa, proveniente da ogni parte d’America, e che tramutò una forte utopia in tangibile speranza per ogni generazione di cittadini americani.
A distanza di decenni, quasi sessanta, sembra che il tutto sia lontano più di un secolo. In fondo gli Stati Uniti d’America sono, sì, il Paese dell’opportunità ma anche delle sorprese. Come quella vissuta la notte del 4 novembre del 2008, con la prima storica elezione del primo Presidente afroamericano bissata, poi, quattro anni più tardi.
Si disse, dodici anni fa, che il razzismo in America era stato sconfitto o almeno in buona parte; si diceva che tutto ‘poteva essere’ (Yes, we can); a causa, però, di quel ‘peccato originale’, come il candidato alla Presidenza per il Partito Democratico Joe Biden lo ha definito, tutto è tornato seriamente in discussione. Senza dimenticare che fatti del genere, negli Usa, avvengono ciclicamente nel corso degli anni.
A distanza di tre mesi ‘Parole Schiette’, insieme con l’altra rubrica interamente dedicata agli Stati Uniti d’America, torna lì dove eravamo rimasti: agli scontri tra manifestanti e polizia. Questa volta ad innescare l’ennesima miccia della delicatissima questione razziale ci ha pensato un delinquente con la divisa da poliziotto il quale, dopo aver intimato a Jacob Blake padre di tre figli, di restare fermo, lo ha ferito con sette colpi di pistola, dopo che il cittadino afroamericano si era mosso aprendo lo sportello della propria auto.
Teatro di questo ennesimo fatto di cronaca è la Contea di Kenosha, nello Stato del Winsconsin. Jacob Blake attualmente lotta tra la vita e la morte in ospedale, rischiando di rimanere paralizzato per tutta la vita, e per le strade la protesta ha provocato due morti e due feriti. oltre a questo anche l’intero sport americano si sta fermando con l’intenzione, quasi, di compromettere l’intera stagione. In merito a quell’afoso 28 agosto di cinquantasette anni fa la memoria, è normale, che ritorna a persone capaci di unire e di creare, costruire e semmai ricostruire su basi già poste, pur se inizialmente in alcuni punti contraddittori, dai Padri Fondatori.
Il reverendo Martin Luther King quel giorno pronunciò la famosa frase: ‘I Have Dream’, io ho un sogno; il Presidente John Fitzgerald Kennedy sentito il discorso accolse il pastore protestante di Ebenezer, alla Casa Bianca, ripetendo la stessa identica frase. Qualcuno di voi penserà: altri tempi, altre personalità e altri ideali. Di sicuro erano altri tempi e c’erano altre personalità, ma gli ideali in America sono sempre gli stessi. Il punto cardine è che non c’è nessuno in grado di unire al momento la nazione americana.
Strano anche considerare questi casi, seppur frutto di periodi ciclici della storia a stelle strisce, come in questi ultimi anni si sono quadruplicati. Normale anche credere che in tempi lontani, non avendo la tecnologia di oggi, non esistevano i cellulari per filmare qualsiasi cosa, ma il punto è un altro: ovvero quello che tali situazioni siano state amplificate proprio adesso che siamo nell’anno delle presidenziali americane ed in un momento in cui si dovrebbe mantenere la distanza tra le persone, che ci piace oppure no.
Di certo non significa dire che Trump ha gestito bene il problema razziale, anzi, nell’articolo precedente è stato duramente criticato in merito, ma il tutto sembra orchestrato da qualche regia occulta, che muove la fila dietro le quinte. Per esempio: come mai dopo tanti anni di proteste, civili e non, è incominciata la caccia alle statue cosiddette ambigue? Tant’è vero che qualche episodio lo abbiamo avuto proprio anche qui da noi ed in Inghilterra. Colpire personaggi come Winston Churchill o addirittura Indro Montanelli cosa c’entrava con una problematica tipicamente americana?
Forse si sta cercando di distruggere non solo l’identità di un Paese e non solo di uno e, al tempo stesso, azzerando le contraddizioni. Ma una società senza contraddizioni è impossibile che trovi la strada giusta per comprendere gli errori commessi anche nel passato?
Sempre in merito a quel grande ‘sogno’ di Martin Luther King le sue parole tendevano a completare i più alti valori compresi nella costituzione americana e lo stesso sogno americano, senza mai intaccarlo o criticarlo. Valorizzandolo e consacrandolo ancor di più agli occhi non solo delle minoranze americane, non solo dei bianchi americani, i quali si resero conto che qualcosa doveva pur cambiare, ma del mondo intero; senza mai mettere in discussione ciò che era stato fatto in precedenza e tenendo il negativo come punto di riferimento per le giovani generazioni.